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sabato 31 maggio 2008

La Spluga della Preta

Approfittando del ponte del 2 giugno il GSS ha organizzato una trasferta audace in nord Italia, con un obiettivo speleologico storico: la discesa nell'abisso Spluga della Preta.
Come la silhouette di una bella donna è caratterizzata dalle misure 90-60-90, così i numeri che descrivono immediatamente la prima parte della grotta sono 131-108-88: si tratta della profondità dei pozzi iniziali, il primo dei quali è praticamente tutto nel vuoto!
La squadra d'assalto è numerosa, oltre a me ci sono anche Roberto, Barbara, Simona, Alessia, Luca, Marusca e Gianfranco. L'organizzazione stavolta è stata impeccabile e in pochi giorni siamo riusciti anche a prenotare la malga che si trova a 2 passi dalla dolina d'ingresso.
Divisi in 3 macchine, partiamo venerdì sera all'ora di cena, contando di arrivare poco dopo mezzanotte... purtroppo però la conquista del letto non sarà così semplice!
L'itinerario corretto per arrivare alla Spluga è abbastanza semplice: da Verona bisogna proseguire verso nord, seguendo le indicazioni per Quinto di Valpantena, Grezzana e Sant'Anna d'Alfaedo. Arrivati al paese di Fosse bisogna raggiungere la Chiesa e da qui proseguire sulla sinistra (ci sono i cartelli per il Corno D'Aquilio e la Spluga) sulla strada che sale verso l'abitato di Coste. Dopo averlo oltrepassato si segue la strada che immediatamente dopo un tornante sulla sinistra diventa una sbrecciata. Dopo alcuni km si abbandona il bosco e ci si ritrova in un altopiano solcato da varie stradine dissestate: la meta si raggiunge mantenendo sempre la sinistra, aprendo e richiudendosi alle spalle le recinzioni per il bestiame che si incontrano lungo il tragitto.
Purtroppo da internet avevamo preso delle indicazioni molto diverse (e sbagliate!), perciò arrivati sull'altopiano non riusciamo a trovare la strada... anzi non troviamo proprio niente, perchè una nebbia malefica si alza proprio al nostro arrivo e tutt'al più scorgiamo qualche vacca qua e là.
Morale della favola, dopo un'ora e mezza di percorrenza di tutti i sentieri dissestati che incrociamo (la 307 di Simona perde anche mezza minigonna per una raschiata sul fondo) rinunciamo e ci rassegnamo, ahimè, a dormire in macchina.
Non certo un ottimo inizio, ma la vacanza non può che migliorare!
Il mattino seguente, anzi dopo poco più che 5 ore di sonno, una splendida giornata di sole ci mostra finalmente il vero volto dei Monti Lessini e ritornati sull'altopiano riusciamo finalmente a trovare la nostra agognata malga.
A poche decine di metri, però, c'è la vera protagonista della montagna: la dolina d'ingresso della Spluga è protetta da un recinto ed alle sue spalle c'è la chiesetta dedicata agli speleologi.
Mentre facciamo colazione, anche con il latte appena munto che ci porta il malgaro, non resisto al richiamo magnetico dell'Abisso e mi avvicino cautamente sull'orlo del baratro per dare un'occhiata:
Devo ammettere che da qui non fa poi tanta impressione come si potrebbe pensare, ma la tensione sale alle stelle al solo pensiero che oltre questo buco si apre una voragine di 131 metri, ben 2 m in più del grattacielo più alto d'Italia!
Ritorno di corsa dagli altri per la preparazione della spedizione: abbigliamento pesante (nella Spluga ci sono 5/6 gradi), attrezzatura personale, cibo+acqua ma soprattutto tanta, ma tanta corda... più o meno ne utilizzeremo 450 m.
Finalmente arriviamo sulla dolina pronti, gasati, eccitati, intimoriti per il "mostro" che ci attende:
Roberto e Luca si caleranno per primi per armare 2 vie in parallelo. L'eccitazione comincia a salire proprio mentre Roberto comincia a scendere. Dopo qualche minuto di attesa dalla radiolina si sente "Sono atterrato!", quindi cominciano a calarsi Luca e Marusca, la prima emozionata donna che si cimenta nell'impresa.
A seguire scendono anche Simona e Alessia, che decidono di partire allongiate per paura di scivolare troppo velocemente, e dopo, finalmente, toccherà a me!
Questi ultimi istanti sul bordo del precipizio sono un continuo susseguirsi di emozioni: eccitazione, timore, tensione, soddisfazione, in pratica non riesco a stare fermo...
Dopo un'attesa che sembra un'eternità finalmente si sente il segnale di via libera. A questo punto mi calmo, mi concentro ed inizio a pensare solo alle azioni che sto compiendo, dopo aver dato la ventesima occhiata all'imbrago per controllare che tutto sia chiuso bene.
Nei primi metri sembra proprio di calarsi in un imbuto, con la differenza che in questo caso il buco è largo 4-5 m e degli uccelli neri continuano ad entrare e a uscire regolarmente (hanno scelto proprio un bel posto sicuro per fare i nidi). Appena arrivato al frazionamento finalmente posso dare una prima occhiata verso il fondo, però c'è ancora troppa luce e quindi non riesco a distinguere la parte più profonda del pozzo. Quest'oggi montiamo tutti il discensore "alla romana" (cioè con il rimando montato sul moschettone del discensore invece che sul delta) per evitare che con il peso della corda la testa si inclini ed entri fatalmente nel rinvio. Fatta la chiave di bloccaggio senza problemi, stacco anche l'ultima sicura che mi tiene saldamente ancorato alla solida, rassicurante parete rocciosa e mi ritrovo appeso nel vuoto ad una vertiginosa altezza. Comincio la discesa tranquillo, controllando saldamente con due mani lo scorrimento della corda che nonostante sia nuova di zecca non scorre in maniera incontrollabile.
Finalmente dopo i primi metri di calata i miei occhi si abituano alla semioscurità e comincio a vedere maggiori dettagli dell'abisso: l'ambiente è relativamente stretto ma molto largo ed il fondo biancastro sembra ormai vicino. Ma un momento, alla destra del fondo vedo il lieve bagliore di un casco speleo minuscolo... altro che vicino, sono ancora MOLTO in alto!
Visto che le mani cominciano ad essere un pò affaticate e la discesa è accellerata dall'acqua che ormai ha saturato la corda decido di fare un pò di attrito in più facendo un mezzo giro di corda attorno al piede: grande mossa, perchè con questo accorgimento mi sento ancora più sicuro e posso procedere spedito e tranquillo verso il fondo.
Alla fine anche io tocco terra in un ambiente incredibile, illuminato dalla "finestrella" in sommità e circondato da uno stillicidio di acqua.
Questo è quello che si ammira durante la discesa dei compagni:
Dopo aver fatto qualche altra foto verso l'alto riesco anche a riprendere bene la base del famoso "Pozzo De Battisti": grazie al flash di Roberto immortalo Gianfranco e Barbara al loro arrivo.
Già a questo punto mi sembra di aver fatto una grande impresa, ma il buio della grotta deve ancora cominciare e abbiamo parecchia strada!
Mentre avanziamo in massa, si vede subito la natura di questo massiccio roccioso profondamente diversa da quella delle nostre parti: le pareti sono molto lisce, ma soprattuttosi nota l'assenza di concrezioni e, per fortuna, di fango.
Nemmeno il tempo di riabituarsi ad avere un pavimento sotto i piedi che subito ci apre dinnanzi il pozzo Cabianca (108 m), incredibilmente liscio e verticale (ma almeno frazionato). Raggiunta la base comincia una parte un pò faticosa: c'è da superare un primo meandro che porta alla Sala della Cascata. In questi angusti budelli la fatica di progredire chinati si somma a quella di doversi trascinare dietro lo zaino che, ovviamente, si impunta in ogni spuntone di roccia.
Per fortuna il tratto stretto è breve e con poca tribolazione arriviamo all'ultimo grande pozzo: Sucai, 88m. Questo è il luogo dell'unico incidente mortale della Spluga (una targa commemora la giovane speleologa), ma nonostante ciò lo scenario è molto suggestivo. Infatti dopo la Sala della Cascata incomincia il ramo tutt'ora attivo, ed infatti c'è scorrimento d'acqua lungo tutti gli 88 m. Da questo punto in poi finalmente iniziano le concrezioni, ma siamo in pochi a gustarcele. Dopo "soli" 250 m di discesa in molti si ritirano per incominciare la lunga risalita, con l'oscura "minaccia" dei 131m in risalita che incombe sui muscoli di tutti!
Come l'anno scorso al Cucco, io Roberto e Luca decidiamo di continuare almeno fino a Sala Paradiso, ma per farlo ci attende l'ennesima sfida... cioè un altro meandro (=rottura di palle!).
Sudore, imprecazioni, fatica fanno parte del gioco, per fortuna in qualche minuto ci ritroviamo in un ambiente grande dominato da una serie di laghetti sul fondo ed uno stillicidio tipo pioggia su tutta l'area: Sala Cargnel.
Ormai non manca molto alla nostra meta, ma tanto per cambiare bisogna affrontare un ultimo cunicolo prima di sbucare nella Sala Paradiso. Due annotazioni su questo ambiente:
- il nome deriva dal fatto che in risalita dal fondo si "emerge" su questa saletta dopo essersi stremati sul vero Meandro (con la M maiuscola) della grotta, lungo oltre 90 m: si può immaginare come dopo tanta sofferenza la possibilità di mettersi comodamente in piedi e di sgranchirsi sia proprio beatificante!
- in questo luogo remoto, a -380m di profondità, si incontra la creatura più improbabile che si possa pensare... un minatore? un troll di caverna? un australopiteco? no no, ad attendere i visitatori c'è un PUFFO con tanto di casetta a forma di fungo!
Giunti qui decidiamo di affrontare almeno un pezzo del Meandro,dove le pareti strette e con una sezione un pò a "S" impongono di procedere di fianco, diciamo in stile geroglifico egizio! Dopo una 50 di m ci accontentiamo e finalmente ritorniamo indietro.
La carica ed il morale sono ancora alti e dopo 3-4 ore (abbiamo anche disarmato le vie) torniamo alla base del 131. Qui metterò alla prova la scorta energetica fatta durante la giornata: pizza, succo di frutta, 2 red-bull, 2 gatorade e 1 litro d'acqua fanno il loro lavoro e nonostante la fatica ed i lividi (grazie ai meandri) io e Roberto, per ultimi, risaliamo il De Battisti in 30 minuti!
Soddisfatti e cambiati, in malga ci attende un brindisi con Rum & pera (il primo di una lunga serie) per festeggiare al meglio l'impresa dei ragazzi e, soprattutto, delle ragazze del GSS.
Dopo un'abbondate cena non vediamo l'ora di tuffarci nell'accogliente camera da letto...
ma nonostante la profonda stanchezza (alle 23.00 tutti sataremo dormendo) non posso non uscire per dare l'ultima occhiata della giornata al mostro che abbiamo sconfitto.
Non ci sono tante occasioni nella vita per provare delle sensazioni così forti e genuine (direi quasi primordiali) come quelle di oggi, davvero un'eccezionale esperienza.

An incredible adventure in one of the most famous caves in Italy. In the early 900's the Spluga was considered the deepest in the world, and with its first amazing pit (131 meters) it continues to attract a lot of cavers from all over Europe.
The first descent was incredibly exciting and frightening: it was like descending from the tallest italian skyscraper! WOW

1 commento:

luca ha detto...

complimenti davvero per l'impresa! Dalla descrizione che hai fatto sembra davvero di vivere in prima persona quei momenti cosi' emozionanti!

Aloha!